edizione 2019 del festival dell'arte in strada
Ripensare lo spazio pubblico. Dare all’arte il mandato di sondarne le potenzialità e le complessità. Offrire alla città uno spazio in cui le relazioni umane possano configurare alternative di pensiero e di vita. Sono questi alcuni degli obiettivi di Terminal, tre giorni di festival che non si esauriscono solamente nelle performance di circo contemporaneo.Due talk quest’anno hanno dato vita ad un dibattito attorno allo “spazio pubblico come palinsesto" e alle “geografie dello spazio condiviso”. Sollevare barriere, immaginare muri e rendere inaccessibili alla fruizione intere aree pubbliche: lungi dal garantire le sicurezze di cui ha bisogno il nostro tempo, questo atteggiamento genera percezioni distorte sulla capacità di autosufficienza delle comunità, induce sperticati discorsi sulla necessaria protezione di un impalpabile futuro. Noi che cosa possiamo dire sul futuro? Cosa significa “contemporaneo” rispetto alla funzione sociale che l’artista può ricoprire oggi? Sono alcune delle domande che stanno alla radice del festival, il quale attraverso una riflessione sulla città si chiede quale sia il ruolo che gli attori culturali locali possono assumere nel dare risposte al sempre più preoccupante malessere sociale.L’edizione 2019 ha prodotto due nuove linee di audiobus, esperienza artistica che dopo due anni di rodaggio è divenuta la cifra di Terminal. Oltre alla linea prodotta gli anni scorsi, omaggio al surrealismo letterario di Georges Perec, sono state attivate altre due esperienze immersive. In questo modo Terminal afferma la propria vocazione di produttore di contenuti, di punto d’incontro tra artisti locali ed artisti europei. Oltre che un contenitore di prodotti artistici il festival è infatti anche un occasione di creazione: è probabilmente l’aspetto più importante dell’evento; perché se è vero che dal secolo scorso abbiamo imparato come l’ideologia totalitaria si nutra di individualismo e di massificazione della società, oggi più che mai gli artisti e gli operatori culturali devono raccontare al mondo l’urgenza di rivitalizzare le comunità. Chi, se non l’artista, può immaginare alternative di vita, chi può comporre una nuova narrazione sul mondo? Mescolare diverse competenze e sensibilità artistiche dunque non è solo un esperimento estetico, ma una risposta a chi si nutre di individualismo semplificando le complessità in una comunicazione spicciola. Grazie ad adiobus si possono intersecare diverse competenze e discipline artistiche. La regia mobile segue con un auto l’audiobus, un normale bus di linea, e manda in cuffia agli spettatori che ci sono seduti dentro testi, canzoni e suggestioni sonore, aiutandoli a leggere con altri occhi le performance che avvengono fuori e dentro al veicolo. È un modo di pensare l’arte in costante movimento, non radicata allo schema del site specific e tuttavia in dialogo con lo spazio urbano. Grazie a questa tipologia di performance lo spettatore è sollecitato a intravedere i significati nascosti che la città può offrirgli. Lavorano alla creazione di una stessa linea architetti, video maker, artisti del suono, attori, danzatori e ovviamente artisti circensi. Le due linee che quest’anno sono state aggiunte raccontano due mondi nascosti dentro Udine: una percorre un lungo tratto introspettivo raccontando l’esperienza di un migrante che torna a casa; l’altra viaggia dentro le riserve di irrazionalità che si celano in mezzo ai luoghi più razionali del centro città.Terminal continua anche la propria missione di aiuto alle compagnie di giovani studenti in via di formazione cercando di offrire un’esperienza di lavoro a chi non si è ancora affacciato al mondo del professionismo. Quest’anno sono venuti al festival i ragazzi di CMR, diplomandi al CNAC di Chalôn en Champagne.